Lifelong Employability e i mestieri che stanno scomparendo
Alcuni lavori in via di estinzione preoccupano le nuove generazioni, ma anche i lavoratori già inseriti da anni nel mercato del lavoro che hanno raggiunto una posizione stabile. In questo contesto sta emergendo con forza il concetto di lifelong employability, ossia accompagnare i lavoratori durante l’intera vita professionale per garantirne la capacità di trovare, mantenere o ritrovare un lavoro nel corso del tempo.
D’altronde, cambiano i numeri assoluti, a seconda degli studi, ma la sostanza della previsione è la stessa: nel giro dei prossimi 5 o massimo 10 anni molti dei lavori che conosciamo oggi non ci saranno più, sostituiti dall’automazione o da nuove modalità imposte dall’innovazione tecnologica. Anche sposando l’interpretazione catastrofista o quella più ottimista, il dato di fatto è che siamo in una fase di grande cambiamento, un momento che dentro le aziende deve essere gestito e interpretato nel migliore dei modi.
A partire dalla ricerca delle competenze necessarie a gestire questa trasformazione e del come reperirle. Dentro o fuori l’azienda? Se fino ad ora la tendenza dominante era stata di ricercare talenti e competenze fuori dall’organico aziendale, ora è in atto una sorta di ripensamento, in cui non è più così facile trovare sul mercato un’ampia gamma di professionalità.
Quali sono i mestieri scomparsi?
L’innovazione tecnologica ha sempre comportato la perdita di posti di lavoro in alcuni settori, a discapito di altri in cui la richiesta diventava improvvisamente elevata per un certo periodo. In questo contesto le aziende sono disposte a offrire retribuzioni più alte rispetto alla media, pur di accaparrarsi i pochi talenti disponibili, fino a quando il mercato del lavoro è in grado di riprogrammarsi e soddisfare appieno la domanda.
Ad esempio, il passaggio ai mezzi di locomozione con motore a combustione ha portato all’abbandono dei cavalli per il trasporto di persone e merci, facendo quasi scomparire mestieri come il maniscalco o il sellaio. La diffusione della plastica, invece, ha provocato la scomparsa di mestieri come il cestaio, ossia la realizzazione delle ceste di varie forme e dimensioni in vimini per la raccolta dei prodotti alimentari.
Lo stesso è avvenuto per il lattaio, il ciabattino, il cordaio e lo stagnino, un saldatore itinerante che utilizzava lo stagno per effettuare lavori di latta o lamiera. Mestieri che al tempo erano molto popolari, in poco tempo sono stati spazzati via dal progresso e dai cambiamenti socioeconomici. Nonostante possano sembrare esempi lontani da noi, in realtà ci ricordano che non esistono professioni e posizioni lavorative acquisite per sempre.
Quali sono i mestieri che stanno scomparendo?
Al giorno d’oggi esistono numerosi mestieri che stanno scomparendo, soprattutto tra gli artigiani. Si tratta di lavori come il restauratore, il vetraio, il tappezziere, il liutaio o il calzolaio. Oggi trovare persone competenti in questi settori è estremamente difficile, soprattutto perché i giovani sono poco interessati a svolgere queste attività, preferendo lavori meno pesanti e più legati alla valorizzazione dei propri titoli di studio.
Tuttavia, con la diffusione delle tecnologie di Intelligenza Artificiale è aumentata la preoccupazione per i cosiddetti white collar, ossia la forza lavoro impiegatizia che svolge funzioni di carattere intellettuale. Fino ad ora queste professioni non erano mai state toccate dall’innovazione tecnologica, che invece ha causato la perdita di milioni di posti di lavoro nelle fabbriche, nell’agricoltura e in altri settori a causa dell’automazione.
Secondo la Princeton University, i sistemi AI evoluti potrebbero far scomparire professioni come l’avvocato, lo psicologo, l’insegnante e il giornalista. Inoltre, considerando l’integrazione dell’AI con altre tecnologie, come l’IoT, i robot e la realtà virtuale e aumentata, in futuro potrebbe non essere più possibile svolgere lavori come l’agente immobiliare, il copywriter, il postino, il commercialista, l’analista di mercato, l’addetto alla reception, il programmatore e l’impiegato di banca.
Già oggi alcune aziende statunitensi stanno sostituendo parte della forza lavoro con le moderne tecnologie di Intelligenza Artificiale generativa, ovvero i sistemi in grado di simulare una conversazione umana e generare testi, immagini e video originali. Secondo un report di Goldman Sachs, l’AI potrebbe rimpiazzare 300 milioni di lavoratori entro i prossimi 10 anni, rendendo necessario ripensare il concetto di employability.
Employability: replaceable vs renewable
Nel recente passato, era frequente che specialisti come LHH fossero chiamati per supportare la transizione di carriera di collaboratori le cui competenze erano giudicate non più al passo con i tempi, per poterli sostituire con nuovi assunti, destinati a loro volta a vedere le loro capacità diventare obsolete nel giro di pochi anni in un processo senza fine.
Un processo che rischia fra l’altro di impoverire le competenze relazionali e il know how aziendale, che può essere bloccato solo introducendo il modello della lifelong employability. Serve quindi una soluzione che funzioni per tutti, che può essere ottenuta solo sostituendo il concetto di renewable (rinnovabile) con quello di replaceable (sostituibile).
Non serve cercare sempre le competenze necessarie al di fuori dell’azienda. Al contrario, bisogna creare un processo di formazione continua, un sistema virtuoso che faccia sì che le persone possano far evolvere le proprie competenze nella direzione stabilita dal cambiamento, senza rimanerne travolti, ma sfruttando appieno tutte le potenzialità.
Il lifelong employability è un processo costoso?
Inserire le persone in un processo di formazione continua richiede un investimento, che non è necessariamente superiore a quello richiesto per fare nuove assunzioni. Certo serve far maturare una consapevolezza condivisa da manager e collaboratori sul tema. Ai manager è importante far capire che lo skill gap non avrà un impatto negativo in un futuro più o meno lontano, ma già ora. Alle persone che abbracciare la lifelong employability significa costruire una garanzia per la propria vita professionale.
Si può cominciare con una mappatura delle competenze disponibili e di quelle da trovare, impegnando i manager a delineare con i propri collaboratori un percorso di evoluzione di carriera. Questo consente di sprecare le competenze, le relazioni e il potenziale dei collaboratori, che spesso, se coinvolti in un processo di reskilling, dimostrano di avere un alto potenziale anche in funzioni di cui non si sono mai occupati.
In LHH siamo specializzati nel career mobility, per costruire una forza lavoro rinnovabile. Accompagniamo le aziende nei processi di trasformazione e anticipiamo le esigenze del futuro del lavoro, aiutando le organizzazioni a riqualificare i talenti invece di sostituirli. Questo è possibile attraverso interventi di ricollocamento, career management e career boost, ma anche tramite percorsi di reskilling, upskilling e talent matching accurati.