Talent shortage: cos'è e come rimediare con l'HR

La carenza di talenti rende difficile per le aziende trovare candidati qualificati, soprattutto in assenza di una strategia efficace, ma con il supporto di soluzioni HR adeguate è possibile affrontare questa sfida e vincerla.
24/05/2023

Nel 2022 circa 2,2 milioni di italiani hanno lasciato il proprio posto di lavoro. Si tratta di un numero record che, anche se ha visto un rallentamento nell’ultimo trimestre dell’anno, rappresenta un fenomeno abbastanza inedito per il nostro Paese. Al di là delle motivazioni che hanno portato alle dimissioni, questa situazione ha creato notevoli difficoltà a molte aziende, costrette a sostituire persone anche in ruoli chiave e misurandosi fra l’altro con quel talent shortage che è ormai caratteristico della situazione italiana.

  

Che cos’è il talent shortage

La traduzione di talent shortage è letteralmente “carenza di talenti”, un’espressione che spiega in modo chiaro e sintetico la situazione che stanno affrontando molte aziende in Italia e nel resto del mondo. In particolare, il significato di talent shortage è la mancanza di lavoratori qualificati in specifici settori, aree o nell’intero mercato del lavoro. In sostanza, questa condizione si verifica quando non è disponibile un numero sufficiente di candidati qualificati per le posizioni lavorative aperte.

Questo fenomeno è molto marcato in ambito tecnologico dove si parla di digital talent shortage. Secondo McKinsey, la coltivazione dei talenti digitali è oggi una priorità nelle aziende di tutti i settori, con una competizione agguerrita per accaparrarsi i migliori talenti. Tuttavia, rispetto al passato, oggi anche le aziende più performanti hanno difficoltà ad assumere lavoratori qualificati in alcuni settori tecnologici ad altissimo potenziale, ad esempio come l’area legata all’Intelligenza Artificiale (IA).

La forte domanda di professionisti, soprattutto in alcuni settori, deve confrontarsi quindi con un altro problema del mercato del lavoro attuale: la carenza di competenze o skill shortage. Per ricoprire le posizioni lavorative, specialmente quelle più complesse e strategiche ritenute chiave per lo sviluppo del business, le aziende hanno difficoltà a incontrare candidati con adeguate soft skill, ma anche con capacità di leadership necessarie per guidare le organizzazioni attraverso gli inevitabili processi di cambiamento (transizione ecologica, digitalizzazione avanzata, crescita sostenibile).

In LHH, ad esempio, la divisione Executive Search si occupa proprio di ricerca e selezione di professionisti di alto profilo, individuando senior & top manager in grado di valorizzare le opportunità aziendali. Adottando un approccio scientifico e una collaudata metodologia di Executive Search, LHH è in grado di identificare i migliori candidati presenti sul mercato in linea con le necessità delle organizzazioni, professionisti che possono apportare un valore aggiunto in termini di performance, reputazione e credibilità aiutando le aziende ad affrontare il problema del talent shortage, anche nelle posizioni apicali e di leadership.

 

Come affrontare il talent shortage

In Italia il talent shortage nel 2023 ha colpito soprattutto alcuni settori, con una diffusa mancanza di talenti nell’ambito informatico e industriale. La carenza di candidati qualificati nel settore digital & IT o in quello technical & engineering rappresenta un problema serio per molte aziende. Le organizzazioni, infatti, devono affrontare cambiamenti complessi a causa dell’avvento di nuove tecnologie che richiedono nuove competenze; tuttavia, non sempre il mercato del lavoro è in grado di soddisfare questa esigenza.

Ad ogni modo, la carenza di talenti è un fenomeno sempre più diffuso in tutti i settori, al quale per porvi rimedio servono adeguate soluzioni di HR per il talent shortage. Come spesso accade, infatti, una crisi può diventare un’opportunità quando si riesce a coglierne il messaggio, che in questo caso è duplice: da una parte è sempre più importante, in fase di assunzione, assicurarsi che il candidato sia quello giusto, non solo dal punto di vista delle competenze tecniche, ma soprattutto dell’adesione alla cultura e allo stile organizzativo dell’azienda.

Allo stesso tempo, al di là del recruiting, oggi il tema centrale è quello della retention, ossia l’esigenza di mantenere in azienda i talenti necessari alla crescita. Retention e talent access sono quindi due aspetti essenziali per affrontare il talent shortage, affinché le organizzazioni siano in grado di attirare i migliori talenti e trattenere quelli già presenti all’interno dell’azienda. Questi due temi interconnessi dovrebbero essere gestiti con una visione strategica che tenga conto delle caratteristiche dell’azienda, della sua mission e della sua cultura.

Per questo LHH Recruitment Solutions ha sviluppato un’offerta di servizi di HR Consulting che consentono di accompagnare le aziende in questo percorso, integrando le attività di valutazione, valorizzazione e sviluppo delle persone. A Claudia Magnanini, Head of HR Consulting di LHH Recruitment Solutions, abbiamo chiesto di illustrare queste soluzioni e le risposte e i vantaggi che sono in grado di offrire alle aziende clienti.

 

Quali sono le richieste che arrivano in questo momento dalle aziende e quali difficoltà si trovano ad affrontare?

“Senza dubbio l’aumento delle dimissioni ha posto con forza il tema di come trattenere le persone. Molte aziende hanno compreso che, questo, è un problema da affrontare già a livello di politiche di assunzione, perché gli strumenti utili per trattenere le persone sono, il più delle volte, anche quelli che funzionano per attrarle. Tuttavia, spesso per un’impresa può essere difficile “auto-analizzarsi” su questi temi: è complesso essere oggettivi su situazioni di cui si è protagonisti e, a volte, non si dispone neppure degli strumenti per conoscere e misurare i fenomeni. Per questo affidarsi a un consulente esterno può essere importante. Innanzitutto, perché può applicare alla situazione uno sguardo neutrale, e poi perché può contare su un know-how acquisito osservando e gestendo problemi simili in altre realtà”.

 

Come si muove un consulente LHH e quali servizi può offrire?

“Tutte le nostre consulenze iniziano con una fase di diagnostica, in cui analizziamo il contesto manageriale, valoriale e organizzativo. Per progettare qualsiasi attività è fondamentale avere una conoscenza precisa dell’azienda e del panorama in cui opera. Per questo abbiamo sviluppato alcune metodologie di assessment che, pur partendo da una matrice americana, mettono in campo strumenti pensati per cogliere al meglio le caratteristiche delle aziende italiane. Segue poi l’intervento vero e proprio. Siamo ormai in grado di customizzare i nostri servizi sia per multinazionali con sedi in Paesi diversi, che devono necessariamente standardizzare i processi di valutazione, che per piccole e medie imprese familiari che hanno esigenze molto diverse”.

“Il fatto che LHH abbia una forte struttura territoriale”, prosegue Magnanini, “con 300 consulenti e 11 uffici in tutta Italia, ci consente di confrontarci costantemente con i colleghi delle varie zone. Questo ci aiuta a cogliere le peculiarità locali e a pesare e valutare le competenze anche a seconda del contesto in cui devono essere introdotte. Al nostro interno abbiamo le competenze necessarie a lavorare con i diversi tipi di organizzazioni, sia con quelle che adottano la modalità agile che i modelli di leadership tradizionali. Ciò che ci differenzia è la capacità di leggere il contesto in tutta la sua complessità, perché il nostro approccio è basato sulle teorie del comportamento organizzativo”.

Come continua a spiegare Claudia Magnanini “I nostri consulenti non sono solo esperti di assessment o formatori, ma hanno sviluppato una più ampia capacità di considerare le persone non solo come entità singole, ma in relazione al panorama in cui devono operare. Siamo quindi in grado di valutare l’impatto che l’individuo può avere sull’organizzazione e la sua adattabilità alla cultura aziendale e seguirla nella sua evoluzione professionale. Sono tutti elementi che impattano molto sui risultati e che sono anche quello che i candidati chiedono: capire come possono fare la differenza e se sono in grado di esprimersi al meglio nel contesto in cui dovranno essere inseriti”.

 

Un’assunzione sbagliata rappresenta per l’azienda un costo economico e organizzativo considerevole. Come potete supportare le imprese in questo senso?

"Avere una posizione aperta è una situazione che tendenzialmente induce una reazione immediata dell’azienda secondo questo schema: devo fare un’assunzione, metto le risorse a disposizione, avvio la ricerca. Spesso lo si fa “rincorrendo” la situazione, senza una strategia precisa. Invece sarebbe utile fermarsi ad analizzare il contesto: perché la persona se ne va? C’è in azienda un turn over elevato e, se è così, per quali motivi? Quali sono i fattori attrattivi che devo mettere in gioco? Qual è il percorso che immagino per la persona che sto inserendo? Quali sono le skill che deve possedere, al di là delle competenze tecniche?”.

Secondo Magnanini “Porsi questi quesiti significa affrontare un’assunzione con maggiore consapevolezza e strategia e avere più probabilità che si inserisca nel migliore dei modi all’interno del contesto aziendale. I nostri consulenti sono in grado di seguire l’impresa in questo percorso: non soltanto perché conoscono i possibili candidati, ma perché capiscono l’organizzazione, i suoi bisogni e le sue esigenze. E sanno costruire percorsi che partono dall’assunzione e proseguono con la crescita e la valorizzazione delle persone”.

Come prosegue l’Head of HR Consulting di LHH Recruitments Solutions “Il mercato del lavoro è sempre più complesso, trovare talenti è ormai una sfida, ma noi possiamo aiutare le aziende a vincerla, mettendo le persone al centro, costruendo per loro percorsi di carriera definiti e trasparenti e anche insegnando alle organizzazioni a valorizzare i propri punti di forza e a trasmettere la propria visione e la propria mission. I collaboratori chiedono sempre più di essere coinvolti. Imparare a trasmettere i propri obiettivi non solo nel business plan, ma anche in termini più emozionali, può fare la differenza".

 

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