Longennials: chi sono e cosa sapere su questo fenomeno

Longennials è un termine elegante per definire i baby boomers, i quasi sessantenni che non vogliono lasciare il lavoro e che, in un certo senso, rappresentano una risorsa interessante per le aziende.
20/01/2023

I Longennials hanno esperienza, conoscono la cultura aziendale, possono essere lanciati in un progetto senza grande necessità di formazione e sono in grado di operare in autonomia. Un identikit apparentemente perfetto per un’organizzazione in cerca di competenze spendibili velocemente, che, però, caratterizza principalmente persone over 55, anzi, spesso molto vicini ai 60 anni.

 

Longennials: significato


Il termine Longennials ha un significato, peraltro, piuttosto ironico: si tratta dei baby boomers, lavoratori che hanno superato la mezza età ma che non vorrebbero lasciare il posto, e purtroppo l’età è ancora un fattore che scoraggia le assunzioni.

Secondo una ricerca compiuta da due psicologhe di Harvard, Tessa Charlesworth e Mahzarin Banaji, gli stereotipi relativi a
età e disabilità sono più persistenti di quelli che riguardano razza, orientamento sessuale e religione, al punto che le due esperte prevedono che, se il pregiudizio contro le persone omosessuali si “annullerà” nei prossimi 20 anni, per quello nei confronti degli anziani ne serviranno 150: già quando si parla di assunzioni over 50 sono poche le aziende che le prendono seriamente in considerazione.

Ma, come sempre, è l’America a dettare la tendenza e il 
re-hiring, inteso come riassunzione di un dipendente, sta cominciando a diventare un fenomeno diffuso: questo significa che gli over 50 licenziati, principalmente per una questione di riduzione dei costi, stanno trovando nuovamente lavoro, anche se con modalità diverse. Con Enrica De Feo, Senior Consultant di LHH, abbiamo cercato di capire qual è la situazione italiana e perché l’assunzione dei lavoratori over 50, ovvero dei Longennials può rappresentare un valore aggiunto per le aziende.


Anche in Italia ci sono segnali di re-hiring?


C’è un dato di partenza da considerare: quando si mettono in atto politiche di riduzione del personale con incentivi all’esodo è più probabile che a scegliere di lasciare siano i 35/45enni, che sono più abituati al cambiamento e possono avere più opportunità professionali.

Ma se sono le aziende a scegliere chi licenziare, partono ovviamente dagli Longennials, quindi dagli over 50, per una semplice questione di costi. Poi però si accorgono che questi Longennials hanno competenze che non si possono trovare sul mercato, mentre formare i giovani è costoso e richiede tempo e, quindi, non è compatibile con la velocità con cui le imprese sono ormai costrette a muoversi.

Sempre più spesso vedo che per gli over 50 le assunzioni sono ancora possibili, anzi: spesso rientrano in azienda, con formule diverse come la consulenza o il temporary management. E quello che prima era visto come un momento di passaggio, ossia la consulenza “per arrivare alla pensione”, ora è diventata quasi una professione.

Il paradosso è che i lavoratori over 50 vengono licenziati quasi sempre per una questione di costo, per poi essere
nuovamente assunti perché ci si accorge che l’organizzazione si è svuotata di competenze, di quella cultura che è indispensabile. Sto seguendo una manager, licenziata da una grande corporation, che sta facendo un percorso di selezione in un’altra grande azienda; una vicenda emblematica, perché quello che l’ha portata alla fase finale della selezione è proprio la sua esperienza, la sua conoscenza della cultura americana e, quindi, la capacità di relazionarsi con tutti gli stakeholder.


Quale valore può portare un over 50 in azienda?


Quella che io chiamo l’intelligenza organizzativa, che è una capacità che si acquisisce con l’esperienza. Significa sapere come muoversi, avere l’autonomia per lavorare e per gestire le persone anche a distanza, saper leggere le situazioni e individuare le soluzioni.


Non dimentichiamo il fatto che queste persone sono "ready-to-go": possono essere inserite in progetti ed essere immediatamente operative. Per questo, quando rientrano in azienda, rappresentano un capitale che deve essere valorizzato: creare progetti di mentoring, affiancare loro persone più giovani che possano fare un percorso di crescita è fondamentale per non disperdere queste competenze.

È vero che più è alta la seniority e più crescono i costi, ma sulla bilancia bisogna mettere anche
le competenze e le conoscenze che vanno perdute. C’è anche un altro elemento che credo debba essere tenuto in considerazione riguardo all’assunzione dei Longennials: professionisti che hanno già avuto molte soddisfazioni dalla loro carriera possono essere motivati a fare un’esperienza diversa. Sono già stati nella “stanza dei bottoni”, hanno già avuto responsabilità e gratificazioni e sono sempre più disponibili a una “consulenza maieutica”, a mettersi a disposizione dei più giovani per restituire parte di quello che hanno ottenuto nel loro percorso professionale.


Molte ricerche internazionali indicano che il tema dell’età non entra nelle politiche di Diversity e che, oltre al costo, ci sia un forte pregiudizio culturale contro gli over50 in azienda.
Come in ogni contesto, è sbagliato generalizzare e bisognerebbe valutare le persone nel loro insieme, non solo in base al dato anagrafico. Però è vero che nessuno giudica inappropriato il fatto che un avvocato o un imprenditore continuino a svolgere il loro impiego anche dopo l’età pensionabile: nessuno in questi casi considera la loro età come un impedimento professionale.

In azienda
, invece, le cose funzionano diversamente. Al contrario, credo che le persone con una seniority elevata costituiscano una risorsa preziosa, in modalità diverse. C’è stata un’evoluzione in questo senso: sono sempre di più i manager disponibili a spendere gli ultimi anni di carriera in un ruolo non in prima linea, anche con percorsi definiti nel tempo. Credo che sia una formula che può soddisfare azienda e candidato, se si ha il coraggio di adottarla.


Quanto costa una leadership inadeguata? Scoprilo nel secondo appuntamento de “La stanza del Coach”, leggi "Il costo (spesso ignorato) di una leadership inadeguata".