Parità salariale uomo donna: situazione in Italia ed Europa

La nuova direttiva UE ha introdotto nuovi obblighi per i datori di lavoro per la parità salariale, un traguardo ancora lontano in Italia, ma la situazione sta iniziando a cambiare e si cominciano a intravedere nuove opportunità.
13/10/2022

Recentemente il Parlamento italiano ha approvato, senza particolari difficoltà, la legge sulla parità salariale fra uomini e donne. Ovviamente è stato un intervento doveroso, dal momento che l’Italia registra un Gender Pay Gap del 43%, meglio solo di Austria e Paesi Bassi, comunque distante dalla media europea del 36,7%. Questo indice non misura semplicemente la differenza tra salari orari medi, ma tiene conto del tasso di occupazione reale e della media delle ore lavorate, un aspetto che penalizza le donne in quanto sono spesso costrette a subire la formula del part-time.

La normativa italiana ha previsto l’obbligo per le aziende con più di 50 dipendenti di comunicare ogni due anni il report sulla situazione occupazionale e salariale divisa per genere, con la possibilità di ottenere un “bollino rosa” per le organizzazioni particolarmente virtuose nella lotta alla disparità salariale. Molto più incisiva, invece, è la direttiva europea sul Gender Gap, approvata all’inizio del 2023 per promuovere la trasparenza retributiva sui compensi riconosciuti alle donne e ridurre il divario rispetto ai salari degli uomini.

 

Parità salariale uomo donna: una questione di trasparenza

Secondo il Consiglio Europeo, che si è pronunciato in materia, il vero ostacolo alla riduzione della disparità salariale sta nella mancanza di trasparenza. I lavoratori (in questo caso soprattutto le lavoratrici) non hanno la possibilità di accedere alle informazioni sulle retribuzioni e, di conseguenza, non hanno né la consapevolezza dell'eventuale discriminazione, né la possibilità di ricorrere in giudizio per ottenere l’equiparazione salariale a parità di mansioni.

Per questo motivo, la direttiva Ue prevede che i datori di lavoro debbano rendere facilmente accessibili i dati sulle retribuzioni, inoltre obbliga le aziende a fornire le informazioni qualora i lavoratori le richiedano e a sottoporsi a una sorta di valutazione congiunta delle politiche retributive con i sindacati, nel caso in cui si registri una disparità retributiva superiore al 5% “non motivata da criteri oggettivi”.

La UE, infatti, non contesta la libertà del datore di lavoro di attribuire condizioni economiche migliori, purché sia supportata da criteri oggettivi (competenza, impegno, responsabilità, condizioni di lavoro) e non sia riconducibile alla discriminazione di genere. La parità salariale, sempre secondo l’UE, va valutata non solo nel salario base, ma deve tenere conto anche dei benefit e dell'eventuale parte variabile della retribuzione, che ovviamente è ciò che più consente di favorire i lavoratori uomini.

 

Informazioni anche ai candidati per promuovere una maggiore parità salariale

“La mancanza di informazioni sulla fascia retributiva prevista per una posizione lavorativa crea un’asimmetria informativa che limita il potere contrattuale dei richiedenti”, scrive nelle sue note la Commissione Europea. Per questo, la direttiva prevede che le informazioni sul range retributivo debbano essere fornite anche a chi si candida a una posizione (o addirittura esplicitate nell’offerta di lavoro) e che, al contrario, non possano essere richieste ai candidati informazioni sulle condizioni salariali delle loro precedenti occupazioni.

L’UE insiste molto anche sulla necessità di creare organismi di garanzia che vigilino sulla trasparenza dei dati, ma soprattutto che possano affiancare il lavoratore nell’eventuale causa per il riconoscimento del giusto salario, con la possibilità di finanziarli anche con i proventi del sistema di ammende a cui potrebbero essere sottoposte le aziende che discriminano. Non c’è dubbio che la direttiva europea si presenti come un intervento molto più deciso rispetto a quello italiano, soprattutto per quanto riguarda la pubblicizzazione dei dati sui salari.

 

Parità salariale: cosa cambia con la nuova direttiva europea?

Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del 17 maggio 2023 è diventata ufficiale la nuova direttiva per la parità salariale tra uomini e donne dell’UE. Questo passaggio ha introdotto definitivamente la direttiva UE 970/2023, volta a favorire una maggiore trasparenza e il principio della parità retributiva fra i lavoratori e le lavoratrici che svolgono lo stesso lavoro e ricoprono le medesime mansioni. Questa misura era improrogabile e necessaria, considerando che il gender gap negli stipendi è rimasto invariato negli ultimi 10 anni.

La direttiva europea stabilisce quindi una serie di principi che si applicano a tutte le aziende del settore pubblico e privato, interessando tutti i lavoratori con un contratto o un rapporto di lavoro. In particolare, sono stati confermati i nuovi obblighi per i datori di lavoro, come le informazioni sulla retribuzione dei posti vacanti prima del colloquio e sui livelli retributivi medi dopo l’assunzione. Le imprese con oltre 250 dipendenti devono inoltre garantire la trasparenza sulle retribuzioni, riferendo ogni anno il divario retributivo all’autorità nazionale competente, mentre per le imprese più piccole con più di 150 dipendenti l’obbligo ha frequenza triennale.

La direttiva UE ha confermato anche i nuovi strumenti a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori per richiedere un risarcimento in caso di discriminazione retributiva di genere, con la possibilità di recuperare integralmente il compenso spettante, inclusi eventuali bonus e le retribuzioni arretrate. Nello specifico, mentre in passato era il lavoratore che doveva dimostrare la discriminazione subita, con la direttiva europea è il datore di lavoro che deve dimostrare di non aver trasgredito le norme UE sulla parità salariale.

Un’altra novità è il concetto di discriminazione intersezionale, ossia una discriminazione caratterizzata dalla combinazione di varie forme di disuguaglianza, ad esempio legate non solo al genere ma anche all’etnia o alla sessualità. L’applicazione delle nuove norme europee, quindi, include anche le altre forme di discriminazione che comportano una differenza di retribuzione, affrontando il significato di parità salariale in modo completo. Inoltre, ribadisce la necessità di considerare anche le necessità delle persone con disabilità, offrendo un quadro normativo esaustivo per contrastare le disparità retributive.

 

Parità salariale uomo donna in Italia

La parità salariale in Italia è superiore all’inizio della carriera, quando il gender gap è più ridotto, ma la disparità di retribuzione cresce con l’età, fino a raggiungere il suo picco massimo negli individui con oltre 50 anni d’età. La disparità retributiva è presente sia nel settore pubblico che in quello privato, ma in quest’ultimo risultano più elevate e diffuse. Inoltre, è più marcata tra i professionisti, dove il gender gap raggiunge un livello medio del 45% nel nostro Paese, nettamente superiore rispetto a quello rilevato tra i lavoratori dipendenti.

Oltre a esporre le donne a un maggiore rischio di povertà rispetto agli uomini, la disparità salariale comporta anche un divario considerevole nel trattamento pensionistico, considerando che secondo il Consiglio Europeo nel 2018 era intorno al 30%. La Legge n. 275 ha sicuramente introdotto delle novità importanti in Italia a favore della parità salariale, obbligando tutte le aziende con oltre 50 dipendenti a redigere un rapporto biennale sulla situazione dei lavoratori di sesso maschile e femminile all’interno dell’organizzazione.

Nel frattempo, si attende il recepimento della nuova direttiva UE, operazione per la quale gli Stati membri avranno tre anni di tempo per promuovere le rispettive leggi nazionali in linea con la normativa europea. In LHH disponiamo di un team dedicato nell’ambito dell’inclusione sociale, della diversità e dell’equità attraverso la divisione Diversity, Equity & Inclusion, per mettere a disposizione la nostra esperienza consolidata a tutti i candidati beneficiari della Legge 68/99 e indirizzare ogni talento verso le migliori opportunità professionali.