Salario minimo in Italia: la situazione attuale

L’ipotesi di un salario minimo in Italia è un tema molto caldo e ancora non risolto: nonostante le proteste dell’opposizione, l’attuale governo ha bocciato la proposta di fissare una paga minima oraria di 9 euro. Come si pone il settore legal in merito ai cambiamenti in atto nel mondo del lavoro e del ricollocamento professionale? Lo scopriamo grazie a "Vox!", la rubrica di LHH in collaborazione con i più importanti avvocati giuslavoristi.
12/10/2022

Già da tempo, l’ex ministro del Lavoro 5 Stelle Nunzia Catalfo aveva presentato in Commissione Lavoro del Senato una proposta di legge sullo stipendio minimo in Italia. Non c’è dubbio che negli ultimi mesi il tema del salario minimo in Italia abbia vissuto una fase di grande attenzione a livello legislativo.

Nel nostro paese, a differenza di altri stati europei, questa misura non è mai stata prevista, anche in merito al ruolo che storicamente ha sempre avuto la contrattazione sindacale. Tuttavia, recentemente è stata riproposta la questione, con l’idea di fissare un paga oraria minima o di rivedere i criteri precisi della rappresentatività sindacale.

Infatti, l’Unione Europea, a tale riguardo, ipotizza di introdurre una quantificazione del minimo salariale solo in paesi dove i sindacati non garantiscano un’adeguata rappresentatività.

Nel 2023, il governo in carica ha comunque deciso di bocciare l’emendamento salario minimo e di affidarsi piuttosto alla contrattazione collettiva, limitandosi a una legge delega per una possibile “retribuzione equa” non quantificata.

Ma cos’è il salario minimo e quali potrebbero essere i vantaggi per i lavoratori e le difficoltà per le aziende? Per provare a fare chiarezza sul tema del salario minimo in Europa e Italia, abbiamo intervistato Tommaso Li Bassi, giuslavorista e partner dello studio Legance.

 

Avvocato Li Bassi, il salario minimo garantito è una reale necessità per il nostro mondo del lavoro?

Partiamo da un dato oggettivo: il tema dello stipendio minimo in Italia si inserisce in un sistema di relazioni peculiare e complesso. L’articolo 36 della nostra Costituzione stabilisce il diritto a una paga equa e dà la possibilità al lavoratore di vedersi riconosciuto questo diritto davanti a un giudice.

Come è noto le aziende non hanno l’obbligo di applicare il contratto collettivo firmato dai sindacati di categoria, ma il lavoratore a cui non viene applicato e che percepisce un salario inferiore a quello stabilito dalla contrattazione collettiva, può rivolgersi al giudice per ottenere un equo salario.

D’altro lato il riconoscimento per via giudiziale non è semplice: per gli evidenti motivi è difficile che il lavoratore ricorra in giudizio. Il minimo salariale invece è una misura facile da applicare, facilmente identificabile e misurabile in qualsiasi tipo di lavoro e situazione. I nostri sindacati hanno però sempre guardato con sospetto alla sua introduzione, per paura che togliesse spazio alla contrattazione. Timori che molti studi hanno smentito. Personalmente lo considero una misura di civiltà, ma si tratta di capire in che modo applicarlo e quali potrebbero essere gli effetti.

È ugualmente importante che le aziende possano contare sulla presenza di una leadership competente, in grado di definire e di affrontare ogni situazione.

 

Quali potrebbero essere i rischi?

L’introduzione del salario minimo in Italia all’ora potrebbe indurre i datori di lavoro a uscire dal sistema della contrattazione collettiva, e quindi limitare l’accesso dei lavoratori a tutta la parte non strettamente salariale dei contratti, come le misure di welfare, la flessibilità, ecc..

Sicuramente la proposta dell’Unione Europea lascia molto spazio alla contrattazione sindacale, e questo è un dato positivo. Però non possiamo non considerare che il tema si inserisce in un tessuto economico che ha le sue caratteristiche, e che potrebbe anche essere controproducente. Ogni norma introdotta produce delle reazioni di adattamento: in questo caso un minimo salariale in Italia imposto a un livello economicamente non sostenibile avrebbe come primo effetto quello di aumentare il ricorso al sommerso.

 

La proposta dell’ex Ministro Catalfo fissa il minimo a 9 euro lordi l’ora

Con un salario minimo orario di questo tipo ci sono sicuramente delle preoccupazioni a livello imprenditoriale. Ma credo che il punto centrale dovrebbe essere quello di non affrontare la questione in modo ideologico. Al contrario bisognerebbe partire da una seria analisi economica, individuando anche misure di sostegno che consentano alle aziende di applicarlo senza venire travolte dal mercato.

Il minimo salariale potrebbe essere incompatibile con il mantenimento in Italia di alcune attività. I call center, per esempio: per questo settore potrebbe essere difficile rimanere competitivi in Italia. Certo, da questo punto di vista, l’introduzione di una normativa a livello europeo sarebbe un’ulteriore garanzia.

 

E il tema della rappresentatività sindacale?

Inutile nascondersi che i sindacati non sono forti come un tempo e che esiste il tema dei contratti pirata, firmati da sigle sindacali poco rappresentative e che stabiliscono condizioni salariali ridicole.

Indubbiamente servirebbe aprire un confronto su questi temi e penso che in Italia non manchino le risorse di pensiero indispensabili per affrontarli in modo complessivo. Non posso dire se si consideri una priorità farlo e se ci sia la volontà politica di affrontare la questione.

 

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