Il talento e il lavoro che cambia

IL TALENTO E IL LAVORO CHE CAMBIA
Articolo a firma di Luca Semeraro, SVP Recruitment Solutions Southern Europe di LHH, su Il Sole 24 Ore.

In Italia e nel mondo, l'attuale crescente incertezza economica sta provocando un ampio e variegato fenomeno legato a doppio filo alla soddisfazione dei lavoratori. Le imprese vedono aumentare il turn over, con i relativi costi, crescere il numero delle offerte di lavoro rifiutate e farsi strada il fenomeno del quiet quitting. In tutto il mondo, in tutti i settori, in tutti i tipi di aziende.
Secondo la terza edizione della ricerca “Global Workforce of the Future” di The Adecco Group, il burnout e l’equilibrio tra lavoro e vita privata sono responsabili del 35% di tutto il turn over. Turnover che costa enormemente alle imprese.

 

Ma non solo: il potenziale inespresso delle persone, schiacciate tra stress, insoddisfazione e malessere, diventa – se non opportunamente valorizzato – il più grande spreco di risorse per le organizzazioni.


Parlare di talento, di tutti i talenti, è la priorità, quindi. Si badi bene: non si tratta dei migliori. Si tratta delle migliori risorse, di tutti. Risorse che tra l'altro possono essere allenate anche al di fuori dei contesti lavorativi, che nella vita trovano palestre efficacissime e, se solo si cambiasse approccio, potrebbero portare a maggiore produttività e benessere. Secondo i dati dell'Osservatorio-Vita Lavoro di Lifeed, ad esempio, in ogni lavoratore convivono circa 5 ruoli. La maggior parte di questi sono personali o familiari: riguardano la famiglia, gli amici, gli hobby, le passioni, le esperienze di volontariato.


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